CAGLIARI. Nella ideale cartina geografica del nostro paese con tutti i progetti in corso o da realizzare da parte di Enel, la Sardegna è cerchiata di rosso, quasi a voler evidenziare l’importanza, economica, industriale e politica degli interventi nell’isola. Da quando Enel ha lanciato su questo giornale il progetto “Sardegna isola verde”, che prevede un futuro prossimo energetico senza gas ma con solo rinnovabili, un passo importante è stato compiuto poche settimane fa. Enel ha messo a disposizione di Terna nuova energia in Sardegna dal 2024 (pari quasi a quella di una centrale a carbone) solo da batterie elettrochimiche. 550 megawatt da installare, divisi a metà a nord e a sud, pagate dal sistema tariffario nazionale. Sul dossier “batterie”, primo visibile tassello del progetto più ampio, sulle sue ricadute, sul ruolo del gas e sugli investimenti sulla rete, La Nuova ha intervistato Nicola Lanzetta, da poche settimane direttore di Enel Italia, la divisione nazionale di Enel group, guidata da Francesco Starace.
Avete vinto l’asta per installare le batterie in Sardegna. Dovete essere pronti tra 24 mesi. A che punto è il progetto?
«A buon punto sul progetto “della” e non “per” la Sardegna. Per noi è motivo di orgoglio proseguire nella realizzazione di un progetto innovativo e pionieristico non solo per l’Italia ma per l’Europa. Nello specifico impianteremo sei parchi di batterie in quattro aree: nel Sassarese, nel nuorese, nel Cagliaritano e nella provincia del Sud Sardegna. Useremo moduli di batterie agli ioni di litio, simili a quelle usate nelle auto elettriche ma con un grande vantaggio: saranno basate su una tecnologia innovativa e modernissima che utilizza tra i suoi componenti solo litio, ferro e fosfato. Non avranno cobalto e questo consentirà un loro completo riutilizzo alla scadenza naturale di esercizio. Rappresentano il meglio della tecnologia mondiale sia in termini di sicurezza che di sostenibilità. Queste batterie partono con l’idea di essere connesse completamente alla rete, non verranno collocate per un singolo impianto di produzione ma per creare una disponibilità sull’intera rete sarda, a prescindere che ricevano l’energia prodotta da rinnovabili vicino o lontano dal luogo in cui le batterie si trovano. La nostra idea di fondo è che si possa fare transizione energetica per la prima volta in Italia, con pochissimi altri esempi nel mondo, non utilizzando il gas, e unica maniera per farlo e avere già da subito un sistema di batterie interconnesso all’intera rete».
Quale sarà il prossimo passaggio?
«Acquisteremo prima possibile queste batterie. Oggi dall’estero, perchè sulle batterie il know-how è ancora in fase di sviluppo. Ma un domani potrebbe non essere così. Non saremo dipendenti dai fornitori, perchè una volta effettuato l’acquisto (sarà un investimento sui 50 milioni di euro, ndr) il prodotto sarà di proprietà Enel e sarà gestito da Enel. La direzione di marcia sarà la stessa dei pannelli fotovoltaici. Noi per anni abbiamo realizzato importanti installazioni di fotovoltaico comprando pannelli dall’estero. Oggi, dopo anni di studi, verifiche e ricerche, abbiamo una fabbrica di pannelli in Sicilia che è all’avanguardia al mondo. Anche per le batterie, grazie a un utilizzo sempre maggiore, potrebbe nascere una industria italiana».
L’aggiudicazione dell’asta di Terna per questo lotto di capacità di energia disponibile è l’unico passo che compirete in Sardegna o pensate di installare altre batterie? E avete già un cronoprogramma per l’installazione dei primi moduli?
«Questo è un primo step, non è sufficiente, ma crescerà mano a mano che aumenteranno le installazioni di impianti di rinnovabili. Abbiamo ben più che un cronoprogramma, abbiamo una tempistica di attività quasi giornaliera. Partecipare ad una asta obbliga a presentare piani di sviluppo ben definiti».
La transizione energetica, al di là delle ricadute immani sotto tutti i punti di vista di questo conflitto, non sarà un pranzo di gala. Costerà in termini di investimenti e occupazione. Come pensate di temperarli?
«La perdita di posti di lavoro, con la transizione energetica è un assioma che non regge alla prova dei numeri. I quindici miliardi di euro di investimento che prevediamo complessivamente vengano investiti in Sardegna comportano benefici sull’occupazione diretta, per circa 15mila persone, sull’indotto, con un raddoppio degli ulteriori investimenti, sull’ambiente ma soprattutto sulla globale qualità della vita dei sardi, delle città e dei loro paesi. Sarà un’isola completamente verde, innovativa e attraente a livello mondiale».
E nel frattempo vi preparate a dire addio alla centrale Grazia Deledda di Portovesme.
«I discorsi sulla Deledda sono finiti; come tutte le centrali a carbone l’obiettivo è che nel 2025 cessi di operare. Il nostro piano industriale non è cambiato di una virgola. Per quanto riguarda l’uso del carbone in questi nuovi scenari faremo tutto quello che ci viene indicato dal governo. In ogni caso non possiamo pensare di superare questo momento critico ripuntando sul medio-lungo termine sul carbone».
Vi definiscono nemici delle fonti fossili, fieri oppositori del gas, anche nella fase della transizione. Come rispondete?
«Uso uno slogan, sia chiaro, ma oggi vedo il gas come un “male” a volte “indispensabile” laddove non ci siano alternative come quelle proposte per la Sardegna. Un male, a prescindere dall’impatto ambientale, solo per l’impatto che ha sui sistemi economici, come si vede in questi mesi. Indispensabile perchè non è in discussione l’uso necessario del gas nella fase della transizione, ma semmai se questo debba arrivare in Italia tramite gasdotti o come Gnl stoccato nei rigassificatori. La Spagna ha il doppio di rigassificatori di noi, e anche più capienti. Dobbiamo fare di più su questo fronte. Questa nostra idea è stata condivisa con le istituzioni».
Tornando al progetto di “Sardegna isola verde”, vanno bene le batterie, va benissimo l’uso delle rinnovabili, ma se la rete è debole non si va molto lontano.
«Sappiamo che una rete elettrica evoluta è un elemento abilitante per la transizione energetica. Già oggi la nostra rete di distribuzione è tra le più moderne e digitalizzate al mondo ma vogliamo fare di più e per questo dei 15,5 miliardi che investiremo in Italia nel prossimo triennio un buona parte sarà dedicata al suo potenziamento. Il progetto Sardegna ha due condizioni da rispettare: la prima è quella dei sistemi di accumulo, e l’abbiamo affrontata; la seconda riguarda il potenziamento della rete che deve diventare più stabile deve essere gestita con sistemi complessi e avanzati e diventare, come dire, più intelligente, capace di distribuire essa stessa il carico attivando percorsi differenti per evitare sovraccarichi. Anche in Sardegna la nostra rete riceverà profondi interventi, e diventerà una rete di nuova generazione».
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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