SASSARI. Vederlo seduto composto durante la messa era impossibile e andare al catechismo era una specie di tortura. Per questo, quando un giorno disse alla madre “voglio fare il chierichetto”, lei pensò di avere capito male. Invece l’amore di Giovanni per la Chiesa stava sbocciando sul serio: 8 anni, scolaro di terza elementare, iniziava a sentire un richiamo che divenne sempre più forte. Oggi Giovanni Pinna, 18 anni, studente sassarese prossimo al diploma, non ha dubbi: «Diventerò un sacerdote, la mia vita sarà accanto a Gesù e mi impegnerò per il prossimo, per salvare le anime e ribadire il valore della parola di Dio e della fede». Chi lo conosce sa quanto è determinato ma c’è anche chi per lui immaginava un futuro diverso: di recente Giovanni ha dimostrato di essere un venditore nato, polverizzando ogni record durante una esperienza con la Lavazza. Al punto che per la sua parlantina e capacità persuasiva il tutor l’aveva soprannominato “martello pneumatico”.
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La vocazione. C’è una circostanza dolorosa dietro la vocazione improvvisa di Giovanni. «Quando avevo 8 anni i miei genitori si sono separati – racconta – e con mia madre sono andato a vivere a casa di mia nonna a Bancali». In quella piccola comunità a una manciata di chilometri da Sassari il parroco don Antonio Serra era già un punto di riferimento. Giovanissimo, alla guida della parrocchia di San Gavino Martire da qualche anno, ebbe un ruolo decisivo nella vita e nelle scelte di Giovanni. «Ho cominciato a frequentare la scuola elementare e il catechismo a Bancali e mi sono avvicinato subito alla Chiesa, diciamo che ho iniziato a vederla in maniera completamente diversa da prima e ho sentito il desiderio di partecipare alle attività della parrocchia. Mia madre faticava a crederci ma capì che facevo sul serio perché durante la messa stavo attento e composto». Il primo passo fu diventare chierichetto, subito dopo la “promozione” a capo chierichetto. Poi il grande dono di sentire crescere sempre più il desiderio di diventare sacerdote.
La scuola e gli impegni. Giovanni ha deciso da tempo cosa fare da grande e chi lo conosce sa quanto sia determinato. Ma sa anche che Giovanni è un ragazzo dalle mille qualità, come ha dimostrato di recente lasciando tutti a bocca aperta. Infatti al termine del progetto di alternanza scuola-lavoro Giovanni Pinna è diventato tirocinante per la Lavazza e in due mesi ha battuto ogni record italiano tra i venditori junior per la stipula di contratti e la vendita di capsule di caffè: a febbraio con 20 giorni di lavoro ha messo insieme un fatturato di 30mila euro, a marzo una cifra compresa tra i 15 e i 20mila euro. «Il tutor che mi ha accompagnato ha detto che ero molto convincente con i clienti. Ecco perché mi chiama “martello pneumatico”. Dopo un velocissimo corso di formazione sull’utilizzo della macchina e sulle capsule, ho iniziato con i contatti “caldi”, cioé i parenti, poi sono passato a quelli “freddi”, cioé non diretti: calcolatrice alla mano, ho mostrato ai clienti quanto potevano risparmiare attraverso la nostra fornitura di capsule di caffé e la possibilità di avere la macchina in comodato d’uso. Dello stipendio non ho tenuto niente, tutti i soldi li ho donati alla parrocchia per contribuire al mutuo di centomila euro che ha dovuto prendere per completare i lavori dell’Oratorio. Anche perché un grande merito va a don Antonio e ai parrocchiani, senza il loro aiuto sarebbe stato tutto molto più difficile». E ora? «Non lavoro più. Ci sono la scuola con il diploma a giugno, i tanti impegni in parrocchia. È stata una bella esperienza ma la mia vita è un’altra».
Presente e futuro. Dall’8 marzo del 2020, inizio del lockdown, Giovanni Pinna si è pienamente dedicato alla vita parrocchiale «La mattina vado a scuola, poi rientro in parrocchia per il pranzo, nel pomeriggio studio e mi dedico alle attività parrocchiali insieme a don Antonio: alle 17.30 c’è la recita del Santo Rosario, alle 18 la celebrazione della Santa Messa. E poi le prove del Coro che dirigo e in cui suono l’organo, il gruppo dei chierichetti e il catechismo». Una routine che lo rende felice, con un sogno a breve scadenza e un altro che richiederà più tempo: «Nel mio futuro mi immagino sacerdote e sogno di rivedere le chiese piene come 70 anni fa, affollate di giovani. Bisogna cercare di far rivivere il passato, ritrovando il senso della vita: i giovani di oggi sono smarriti, persi dietro a cose poco importanti e futili. Io vorrei impegnarmi, per fare in modo che grazie alla Chiesa la mia generazione ritrovi la strada maestra».
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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