A un anno esatto dalla adozione del testo base la Camera ha approvato il tanto atteso e controverso disegno di legge – con delega al governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario.
Disegno di legge che introduce nuove norme, immediatamente precettive, che investono il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei giudici. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato dove il dibattito potrebbe essere meno scontato rispetto al primo passaggio per i mal di pancia della Lega, di Forza Italia e di Italia Viva, molto critici sulla riforma. Ciò che potrebbe rendere necessario il ricorso al voto di fiducia.
Intanto, accolto l’emendamento della commissione giustizia che ha eliminato il sorteggio dei collegi elettorali, è stato superato il primo punto critico, quello relativo al sistema elettorale, sul quale le toghe avevano alzato gli scudi. Sarà il Guardasigilli a determinarli con decreto da emanare almeno quattro giorni prima -sentito il Consiglio superiore della Magistratura- sulla base del principio di contiguità territoriale ed un mix tra maggioritario e proporzionale.
Approvato senza opposizioni anche il divieto per i magistrati di esercitare funzioni giurisdizionali e ricoprire, in contemporanea, cariche elettive – locali o nazionali – e governative. Niente più “porte girevoli” dunque che consentivano il ricollocamento, anche con funzioni direttive, dopo il passaggio in politica. Previsto, inoltre, un solo cambiamento di funzione tra requirente e giudicante nel penale e la riduzione del numero dei magistrati fuori ruolo, ora 200, da determinarsi con i decreti attuativi.
L’accesso alla magistratura sarà in futuro consentito sempre tramite concorso pubblico ma direttamente dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, senza quindi l’attuale obbligo di frequenza delle scuole di specializzazione.
Stop anche alle cosiddette “nomine a pacchetto”, ovvero l’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi ora si deciderà in base all’ordine cronologico dei posti scoperti.
Istituito, inoltre, il fascicolo personale che, nel contesto delle valutazioni di professionalità, comprenderà tutta l’attività svolta dal magistrato, con particolare attenzione per la tenuta dei vari provvedimenti assunti anche nei successivi gradi di giudizio. Ecco quindi, in sintesi, quella che non può propriamente definirsi una “rivoluzione copernicana”, né una risposta adeguata allo smarrimento che ha investito la magistratura dopo le rivelazioni di Palamara.
Si tratta di poche modifiche di mero buon senso ma di piccolo cabotaggio. Una ulteriore occasione mancata che mantiene inalterati i problemi della magistratura e quelli della giustizia. Niente che sia in grado di superare il problema della immensa caduta etica della magistratura. Prevedibilmente poco o nulla potrà questa riforma su quel dilagante malcostume esploso dopo i fatti dell’Hotel Champagne che hanno provocato effetti devastanti sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni giudiziarie. Nel frattempo l’Associazione nazionale magistrati, contesta la riforma all’esame del parlamento e minaccia lo sciopero in quanto le norme introdotte accentuerebbero la strutturazione gerarchica, i poteri ai capi degli uffici ed utilizzerebbe la leva del disciplinare per controllare i magistrati.
Premesso che i risultati delle valutazioni periodiche fanno dormire sonni beati ai magistrati dato che meno del 2% di queste verifiche ha avuto un esito negativo, resta il fatto che il sindacato delle toghe per un verso si è rivelato incapace di una seria autocritica e dall’altra di proporre idee capaci di dimostrare un’assunzione di riesponsabiltà rispetto alla crisi che l’ha travolta.
Troppo impegnata a difendere le proprie posizioni di privilegio non si è scorto nel dibattito interno alla magistratura la volontà di abbandonare l’arroccamento nella sua “cittadella corporativa”, al quale, al contrario, sembra non voler affatto rinunciare. Vedremo cosa succederà domani quando il Comitato direttivo Centrale di Anm deciderà se scendere o meno in piazza. I cittadini intanto continueranno a non capire ed a subire l’eterna lentezza e le tante distorsioni del sistema giudiziario.
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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