CAGLIARI. Cambiano le accuse e potrebbero cambiare le posizioni processuali di alcuni imputati all’apertura del dibattimento sulla tangente Ingenium, che vede sotto giudizio fra gli altri il parlamentare ed ex presidente della Regione Ugo Cappellacci e l’attuale assessora regionale al lavoro Alessandra Zedda: recepite le osservazioni espresse dal gup Giorgio Altieri all’udienza preliminare, i pm Emanuele Secci e Diana Lecca hanno ritoccato il capo A, che contestava il reato di concorso in peculato ai due politici, al manager gestore del fondo pubblico Ingenium Roberto Bonanni, al commercialista Antonio Graziano Tilocca e a Flavio Mallus, amministratore dell’azienda beneficiaria del contributo considerato illegittimo di 750 mila euro. Se nella prima formulazione la Procura attribuiva ai cinque la disponibilità del denaro contenuto nel fondo Ingenium (17 milioni di euro) e quindi l’appropriazione della quota assegnata all’azienda di Mallus malgrado fosse in stato di decozione e quindi incompatibile con l’aiuto pubblico, in quella illustrata ieri al tribunale presieduto da Giovanni Massidda i due magistrati hanno aggiunto alla fattispecie del peculato l’articolo 48, l’«errore determinato dall’altrui inganno». In altre parole: nella ricostruzione accusatoria la disponibilità del denaro è passata dai cinque imputati principali agli uffici regionali, che Cappellacci, la Zedda, Bonanni e Tilocca avrebbero manipolato facendo pressioni (i due politici) e fornendo una due diligence compiacente sullo stato finanziario della Fm Fabbricazioni metalliche di Mallus. Non si tratta di una variazione secondaria, perché nel percorso processuale che sta per cominciare – prossima udienza il 7 luglio, i legali avranno il tempo di prepararsi a un dibattimento diverso – potrebbe perdere consistenza l’accusa di peculato per fare largo a quella di truffa – come ha sostenuto in aula l’avvocato Patrizio Rovelli, difensore di Bonanni – ormai in via di prescrizione. A Cappellacci resterebbe l’accusa di corruzione riferita alla tangente di 80 mila euro incassata per promuovere la concessione del contributo.
Tutto ruota attorno al bando della programmazione regionale, anno 2009, per gestire il fondo “Ingenium Sardegna” cui la società Zernike aveva partecipato in perfetta solitudine. Si tratta di 17 milioni cofinanziati in parte dalla Regione e destinati ad aiutare imprese impegnate in progetti innovativi purché avessero conti in ordine e bilanci in equilibrio. Fallita la Fm, la polizia tributaria decide di dare un’occhiata all’insieme delle pratiche di finanziamento per scoprire subito che i criteri sono stati rispettati solo in parte: alcune imprese non avevano i requisiti previsti dal Por 2007-2013. Le tracce portano a Cappellacci, il cui studio viene perquisito su ipotesi di truffa. Tra documenti sequestrati e testimonianze, gli investigatori ricostruiscono i passaggi del prestito concesso alla Fm e sostengono che a fare pressioni su Bonanni perché all’ormai decotta Fm arrivassero i 750 mila euro sarebbe stato Cappellacci. I passaggi successivi, nell’ipotesi accusatoria, riguarderebbero Alessandra Zedda, chiamata in causa come esecutrice dei mandati di pagamento d’intesa con Cappellacci. Gli altri indagati sono i commercialisti colleghi nello studio di Cappellacci Piero Sanna Randaccio e Tonino Tilocca, quest’ultimo ex presidente della Sfirs e dal 2016 a capo della Fondazione Dinamo. Quindi Fabio Sanna e Carlo Alberto Zualdi, amministratore e liquidatore della Fm. L’accusa di corruzione è ipotizzata per Cappellacci, Sanna Randaccio, Tilocca e l’amico di Cappellacci Flavio Mallus, quella di peculato è condivisa con Zedda, Bonanni, Sanna Randaccio e Tilocca, mentre Mallus deve rispondere anche di truffa e bancarotta, quest’ultima accusa estesa a Sanna Randaccio, Zualdi e Bonanni.
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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