Le classifiche le si lascino alle vendite e agli streaming. Però, se si dovesse misurare l’influenza, sua, e l’ammirazione, degli altri nei suoi confronti, Marracash in questo momento è tra gli artisti italiani più in alto in assoluto in questo momento. Non solo rap. La sua capacità è stata, con gli ultimi due album, di uscire fuori dalla cerchia hip hop verso un pubblico più universale. E il 15 agosto sbarca nell’isola all’interno del Red valley festival a Olbia. Una giornata speciale dove si esibiranno anche i Pinguini tattici nucleari e Fabri Fibra.
L’exploit. In attesa della tappa sarda, Marracash ha diffuso alcune dichiarazioni sul tour che sarà e sulle sue ultime uscite. A proposito di “Noi, Loro, Gli altri”, disco uscito lo scorso novembre 2021 dall’enorme successo, commenta: «Avevo già avuto un successo commerciale gigantesco con “Persona”, volevo aggiungere delle cose da dire e ho fatto una sorta di appendice. Questa volta il disco è arrivato anche ad altre forme d’arte: mi hanno scritto registi, attori, come Valerio Mastrandrea e i fratelli D’Innocenzo». E il suo ultimo singolo estratto recentemente, “Dubbi”, a proposito di artisti, è uscito con un video animato con i tratti dell’artista Tarik. Sulla realizzazione dei due album, quasi un dittico nei punti che hanno in comune, Marracash parla di sofferenza emotiva e introspezione dolorosa.
Il rap. Chiamato a commentare lo status del rap, dalla sua posizione dice: «Io credo che in generale, non parlo solo dell’Italia, stia affrontando una rivoluzione. Non trovo che sia più così rivoluzionario mettersi una collana d’oro al collo, una cosa che negli anni ‘90 lo era. Vedere un afroamericano che dal nulla, da un ghetto, diventava qualcuno era qualcosa – riflette a riguardo –. Questo tipo di narrazione è stata oversfruttata: si è sentita in tutte le salse. Secondo me il passo successivo era portare qualcosa di nuovo. L’hip hop italiano ha dovuto affrontare un lungo percorso di accettazione, di obbiettiva esclusione dai canali principali».
Gang. Dunque, un passaggio interessante sullo slang conformato e ormai entrato nel vocabolario abituale di chi fa musica oggi: «Tanti ragazzi dicono “gang” e parole simili: non li condanno perché per loro l’hip hop è un’estetica. Così come lo è il rock. Molti rocker blasonati hanno solo un’estetica. Oramai se tu fai il rap devi dire “gang” anche se non hai niente a che vedere con il bando, né con le case popolari, né con le gang. Sono parole che esteticamente sono nel manuale del rap». Piuttosto, critica la mancanza di autenticità, «a me fa un po’ paura vedere dei ventenni che non sono ribelli».
Il tour. A Ferragosto farà tappa nella nuova arena dei concerti di Olbia. Oltre che sulla retorica del ritorno dal vivo, Marracash si sofferma sul tratto innovativo del tour, al via da metà luglio in giro per l’Italia. «L’idea alla base dello spettacolo è di cercare di elevare questo genere anche dal punto di vista della performance. Ci sarà una band, c’è un tentativo di elevare questa cosa e di farla andare avanti». Una formula che in Italia porta avanti già da diversi anni anche il rapper olbiese Salmo. Sul palco, insieme a Marracash ci saranno Jacopo Volpe (dir. Artistico e batteria), Alessandro Marz (producer-sequenze), Eugenio Cattini (chitarra), Roberto Dragonetti (basso), Claudio Guarcello (tastiere). «Sono molto contento. Ho fatto tre settimane di prove super intense e secondo me sarà una cosa mai vista. Ci saranno grandi visual che completeranno il tutto e un grande palco: cosa inedita per un artista hip hop italiano». Qualche battuta anche sulla scaletta di “Persone tour”, che mette insieme gli ultimi due dischi: «Io sono il filo conduttore tra i pezzi. Conviveranno, andrò a “mood”, ho già una scaletta: una partenza più dura e momenti più pop con il deejay».
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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