SASSARI. Dacci oggi il nostro Padel quotidiano… verrebbe da dire. È che questo benedetto padel ormai è dappertutto. I campi spuntano come funghi lì dove un tempo verdeggiava l’erbetta del calcetto. Il pallone pian piano si estingue, e le racchette proliferano a mazzi.
Il padel sta per attecchire anche in un luogo improbabile. Perché l’ultimo posto dove uno immagina questo tipo di impianti è proprio all’interno di una parrocchia. Invece il campo di calciotto della chiesa di San Paolo sarà riconvertito in due campi da padel e uno da basket. Peccato che in quello spazio da anni si allenano i piccoli calciatori della San Paolo, e i genitori, appresa la notizia, sono andati sul piede di guerra. «Sfrattano i nostri bimbi nel nome del Padel, è stato il primo pensiero». E la chat Whatsapp della squadra minacciava barricate e rivoluzione. Anche perché la comunicazione è arrivata solo qualche giorno fa, a campionato inoltrato, senza preavviso, come un fulmine a ciel sereno. Presidente e dirigenti della società, per tranquillizzare le mamme e i papà rivoltosi, hanno dovuto convocare un’assemblea. Le domande alla quali hanno dovuto rispondere, in estrema sintesi sono questa: «Che c’azzecca uno sport di moda e improntato al puro business come il padel, con lo spirito di aggregazione ed educazione sportiva che da sempre ha contraddistinto la San Paolo? Chi ha fatto questa scelta? E dove andranno a giocare ed allenarsi, da qui in avanti, i nostri bambini?».
E la risposta, sempre in estrema sintesi, è stata la seguente: «La società di calcio è ospite negli impianti della parrocchia, e non può decidere sul loro utilizzo. Il parroco e un privato (Giuseppe Porqueddu del Csi, ndr) si sono accordati per la realizzazione di due campi da padel, e questo incontro può trasformarsi in un’occasione per tutti. Perché il manto del campo da calcio ormai è da rifare, la manutenzione ha dei costi insostenibile, ma il progetto padel potrebbe consentire la realizzazione ex novo di un nuovo campo da calcetto a disposizione dei bambini. Ed è su questo fronte che noi partecipiamo con le nostre risorse, investendo 30mila euro. Con i guadagni del padel non c’entriamo niente. Ma a noi tutto sommato è sembrata una soluzione ragionevole, e l’abbiamo sostenuta».
I piccoli calciatori si trasferiranno per qualche mese nell’impianto in terra battuta della Gena, e sarà come riportare indietro le lancette del tempo, a quando a giocare erano i propri genitori. Proveranno l’ebbrezza dei fossi, delle dune e delle ginocchia sbucciate, per poi rientrare alla base con il campo nuovo di zecca, realizzato dove adesso c’è il vecchio campo di basket. Le dimensioni saranno più ridotte, cioè quello del calcio a 5, ma si tratta di misure compatibili con le attività giovanili. I genitori non sono troppo entusiasti della diaspora dei loro piccoli fuoriclasse. La sabbietta della Gena eroderà un po’ di tecnica, ma fortificherà le gambe e il carattere. L’importante è continuare a giocare e divertirsi, e poter contare in futuro sul confort di un impianto nuovo di zecca. Se però è facile accettare il sacrificio della terra battuta, più difficile per i genitori è capire la convivenza tra padel e parrocchia, sebbene da separati in casa. Ai loro occhi ha tutta l’aria di un’eresia, ma in fondo è l’upgrade della chiesa, che in periodo di Covid, di carestia di fedeli e di offerte, deve rifare i conti. È così che il padel è riuscito a sconfinare anche nel suo feudo, con tanto di benedizione del parroco. Nel nome del Padel.
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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