SASSARI. Tra lapidi e cipressi compone in un silenzio di tomba il grande puzzle della storia sassarese. Pasticcere di professione, cercatore di sepolcri per passione: Fabrizio Vanali, 48 anni, è l’uomo che fissa busti di pietra e fotografie in bianco e nero. Annota tutto: date di nascita, date di morte, riferimenti biografici. Poi gira i tacchi e si mette al lavoro tra archivi, giornali e documenti ingialliti dal tempo. Il cimitero monumentale è la sua dimensione ideale. Ma non c’è niente di macabro: Fabrizio Vanali è un grande appassionato di storia e, quando non si occupa di torte, pasticcini e bignè, si dedica a croci, lapidi e nomi scolpiti nel marmo.
Le vite dei personaggi e delle famiglie sassaresi sono la sua grande passione. Storie spesso dimenticate ma che hanno ancora qualcosa da dire. Perché il cimitero monumentale appare come un grande libro in attesa che qualcuno si fermi a leggerlo. E Vanali lo fa: ricostruisce le storie delle persone sepolte al di là dei binari e da qualche tempo le racconta anche agli altri. Membro del Gruppo Quiteria, nato con l’obiettivo di promuovere il passato sassarese, insieme a Maria Rita Piras, Laura Lanza e Cristina Marche organizza incontri e passeggiate anche tra le croci del cimitero.
Cercatore di tombe. Pasticcere nell’azienda di famiglia, Fabrizio Vanali, sassarese, si muove così: «Vengo qui e, se c’è una tomba che mi colpisce, vado poi a cercare le relative notizie in particolare negli archivi della Nuova. Sono ricerche che all’inizio tenevo per me. Adesso invece le pubblico sulla pagina Facebook dedicata al cimitero». Passeggiare per il monumentale con Vanali è una vera esperienza. Ti racconta la storia delle persone e ti illustra anche il valore artistico di ogni singola tomba.
Cento monumenti funebri sono per esempio stati realizzati dallo scultore piemontese Giuseppe Sartorio, lo stesso che scolpì la statua di Vittorio Emanuele II in piazza d’Italia. La prima tomba che compare all’ingresso, sulla destra, è opera sua. Lì dentro riposa Attilio Cadolini. «Era un avvocato. E a ucciderlo fu la sua serva di Osilo, nei primi del Novecento – racconta Vanali –. Poco più in là c’è Arborio Mella di Sant’Elia. Era il cameriere del papa. La tomba più antica è invece quella di Alivesi, ma non si sa chi l’abbia realizzata».
La storia di Sassari. Il cimitero monumentale racconta il passato della città attraverso le persone che l’hanno abitata e trasformata, tra l’Ottocento e il Novecento. Qui sono sepolti avvocati, rettori, politici, medici, docenti, proprietari terrieri, commercianti, conti, marchesi, artisti, militari e intellettuali. E anche due presidenti della Repubblica, Antonio Segni e Francesco Cossiga. «In queste tombe riposano il poeta Salvator Ruju, lo scultore Eugenio Tavolara e lo scrittore Enrico Costa – sottolinea Vanali –. E c’è anche Giorgio Sisini, l’inventore della Settimana enigmistica».
Poi ci sono i pezzi forti, le due grandi piramidi con tanto di figure egizie. In una c’è il tipografo Giuseppe Dessì. «Inizialmente era stata progettata per la moglie, ma dopo due anni morì anche lui – racconta il pasticcere –. Venne ucciso in un agguato, anche se l’obiettivo era un’altra persona». Subito dopo c’è la piramide di Francesco Ardisson, proprietario di un oleificio. Da poco, da Londra, è arrivato addirittura un suo discendente, Paolo Ardisson, per raccontare la storia della tomba di famiglia nel corso di una iniziativa del Gruppo Quiteria. «C’è anche la tomba dell’insegnante Zaira Coen. In realtà è vuota, perché morì ad Auschwitz – spiega Vanali –. Per realizzare quella di Giovanni Antonio Sanna, quello del museo, dovettero invece espropriare 25 tombe».
Una delle più belle è sicuramente quella di Andreino Guidetti. Appare così: un giovane in divisa, di marmo, che riposa in un sarcofago con il coperchio spostato. «Anche questa fu realizzata da Giuseppe Sartorio. È il mio scultore preferito» confessa Vanali. Uno scultore che, nel corso della sua vita, realizzò centinaia di monumenti funebri in tutta Italia. Tranne il suo. Morì infatti nel 1922 a bordo del piroscafo che collegava Olbia con Civitavecchia. Non si sa bene il perché. «Il suo corpo, con tutta probabilità, fu gettato in mare, tra le onde».
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
URL originale: Read More