Sembrava triste ma non lo era, sembrava altezzoso ma non lo era, sembrava fragile ma non lo era, sembrava distaccato ma non lo era. Eppure, di Enrico Berlinguer resta, nelle parole di coloro che l’hanno conosciuto nella vita privata e in quella pubblica, quel senso di verità, di franchezza che è stata la cifra stilistica della sua esistenza. Sabato 7 maggio arriva in edicola, in abbinamento alla Nuova Sardegna, il volume “Berlinguer. L’ultimo leader” (9,50 euro più il prezzo del quotidiano) a cura di Giovanni Gelsomino e Gianni Giovannetti.
Una raccolta ragionata di testimonianze, ricordi, riflessioni che ricostruiscono la figura di un leader ancora rimpianto, del fondatore del Partito comunista europeo, del pensatore che lottava al fianco dei lavoratori e delle minoranze emarginate per il riconoscimento di diritti essenziali, del politico che sapeva guardare lontano e radunare folle oceaniche che lo ascoltavano e lo seguivano con fiducia smisurata. Ma anche dell’uomo che amava la sua famiglia e il mare, che adorava i tramonti sul mare di fuori a Stintino e il vento sulla faccia quando saliva in barca a veleggiare davanti all’isola Piana.
Nel libro edito da Sae Editore (collana Biblioteca) 21 distinti capitoli più la prefazione del direttore della Nuova Antonio Di Rosa con contributi in prima persona e interviste che ripercorrono i momenti salienti della vita di Enrico Berlinguer, nato a Sassari il 25 maggio del 1922 (cento anni fa) e morto a Padova l’11 giugno del 1984 a 62 anni dopo essere stato segretario del Pci dal 1972 fino al giorno della sua scomparsa. Ad aprire lo scrigno dei ricordi non poteva che essere la figlia Bianca, giornalista, attualmente conduttrice del programma di Rai3 “Cartabianca”. Rievoca le sensazioni del giorno in cui a Roma si svolsero i funerali del padre («un’immensa folla non volle saperne di lasciarci soli»), i momenti dell’infanzia («era un papà premuroso, giocoso, presente e noi l’abbiamo sempre sentito vicino») e l’esempio («ci ha insegnato come dare un senso compiuto alla vita di ogni giorno»).
E non mancano le testimonianze di chi, per esigenze di lavoro (come la guardia del corpo sui generis Salvatore Patatu che visse al suo fianco per due estati di seguito a Stintino: «Era un uomo pacifico e coraggioso, amava la libertà e detestava le limitazioni alla propria. Aveva un’ironia sottile che manifestava solo con chi la sapeva apprezzare») o per questioni familiari (genuino il ricordo della figlioccia Domenica Canu: «Quando è diventato importante ogni volta che lo vedevo in televisione mi inginocchiavo come si fa in chiesa con i santi…») lo ha conosciuto al di fuori delle occasioni più formali. Ma il libro contiene anche le riflessioni di tanti uomini politici con cui Berlinguer ha condiviso percorsi di vita pubblica e di partito.
Ognuna con la sua particolare angolazione che ne mette in evidenza alcuni tratti piuttosto che altri. Ne parlano l’attuale segretario del Pd Enrico Letta, l’ex segretario dei Ds Pier Luigi Bersani, Valdo Spini, ultimo segretario del Psi, Beppe Pisanu, ex ministro dell’Interno, il costituzionalista Guido Melis, Walter Veltroni che sui di lui ha realizzato il docufilm “Quando c’era Berlinguer”, il sardo Luigi Pintor, che ai tempi del malore in piazza della Frutta a Padova era direttore del Manifesto. Ancora, testimonianze sul periodo al liceo Azuni di Sassari, i rapporti con Cossiga, Segni e Togliatti ma anche i giorni trascorsi con i portuali di Livorno dove si infilò in un pullman seminando le guardie del corpo alla ricerca di un po’ di normalità. Tanti aneddoti e riflessioni sulla politica per un ritratto a tutto tondo che dà l’idea di che uomo e politico sia stato Enrico Berlinguer e di che cosa abbia lasciato in eredità, oggi che i suoi ideali hanno dovuto lasciare spazio a un mondo al quale difficilmente si sarebbe adattato.
Fonte notizia: La Nuova Sardegna > Homepage
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