Ha 37 anni, un album dei ricordi pieno zeppo e la consapevolezza di essere ancora a metà del cammino. Marco Carta torna con il nuovo singolo “Sesso romantico”, ne parla nel giorno stesso dell’uscita, che ogni volta è un po’ come il giorno del compleanno o un grande evento, «esattamente. Le prime reazioni sono positive, spero vada bene».
Com’è nato il brano?
«Secondo me si parla troppo poco di sesso, o in maniera squallida. Probabilmente la nostra generazione è quella che è stata educata col tabù, tanto più sulle varie forme della sessualità che differiscono dal rapporto uomo-donna».
Da qui l’ossimoro del titolo?
«Un dualismo stranissimo, è capitato anche a me di provare emozioni fine a se stesse durante il sesso oppure di provare così tanto amore da non farlo mai in maniera tanto passionale. Intendere il sesso come una cosa spontanea e carnale non va contro un sentimento profondo. La chiave sarebbe riuscire a intendere il partner come un amante anche quando si fa parte di una relazione».
La canzone apre le porte a un progetto più ampio?
«Sto pensando a un album. Alla fine dell’estate ci sarà un altro singolo, poi sì sto pensando a un album».
Il lancio della canzone è stato accompagnato dal suo annuncio della fine della relazione con Sirio Campedelli, in questi casi quanto è stretto il rapporto tra la propria vita e il lato artistico?
«Adesso più che mai. Prima era diverso, anche perché non mi sentivo libero di parlare di me come volevo, parlare di amore al maschile… dopo l’outing non è arrivata subito la voglia di farlo ma mi bastava quantomeno poter vivere alla luce del sole. Poi ci sono canzoni come questa, che mi permettono di vivere anche la mia vita privata. Il segreto è sempre la sincerità, un’ammissione è meglio di un’omissione».
Attualmente che momento sente di vivere nel suo percorso musicale?
«Di grande serenità. Ho ancora tanto da dimostrare, a me stesso prima di tutto, ma ora sono consapevole che quello che ho fatto è stato tanto. Prima andavo avanti volendo sempre di più. Queasto fatto però mi logorava. Ho voglia di trasmettere musica, far passare la qualità e non l’ambizione di fare numeri. Lavoriamo anche di quello ma se il consenso è dovuto alla tua esposizione musicale e personale, è più bello».
Quale musica ascolta e la ispira?
«Difficile rispondere, mi rendo conto che vorrebbe dire incasellarmi. Sono vorace di stili diversi. Dovessi fare l’album proprio domani, semplicemente mi farei ispirare dai testi. Immagino un album variopinto, con diversi produttori».
Ha toccato un tema che torna fuori a ogni grande exploit. Quando è arrivato l’apice con Amici e poi Sanremo, pensandoci adesso, come l’ha vissuto?
«Ora un altro grande successo saprei gestirlo. Bisogna riuscire a fermarsi. Dopo Sanremo per anni ho continuato a marciare come un soldatino, mi sentivo addestrato come un kamikaze per dover fare sempre di più, e non va bene. Anche il tempo per tornare in Sardegna non esisteva, lo soffrivo. Capitava che i discografici mi dessero un fine settimana libero, che tra gli spostamenti diventava appena un giorno e mezzo per tornare a Cagliari. Bisogna godersi il momento e capire quello che si sta facendo. A 22, 23, 24 anni è comunque difficile comprenderlo».
Tre anni fa il caso del furto alla Rinascente, due anni fa l’assoluzione. Come vive quel ricordo?
«Come per le cose archiviate, non ci penso più».
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